Quando con la pratica agricola (che prevede la monocoltura e il diserbo, determinanti nella riduzione delle specie vegetali presenti, o con i concimi chimici che uccidono la vita microbica del terreno coltivato, o ancora con gli insetticidi che sopprimono gran parte delle forme animali) si impedisce il ciclo naturale della vita, è logico aspettarsi un’alterazione profonda dei meccanismi biologici, e un conseguente squilibrio generale dell’habitat nel quale l’uomo non può vivere serenamente.
L’avvento e l’introduzione in agricoltura delle piante geneticamente modificate, non costituirà alcun problema dal punto di vista tossicologico per l’uomo e l’ambiente, ma avrà come conseguenza un’ulteriore e irreversibile riduzione del germoplasma vegetale, e una semplificazione più estrema dell’ecosistema, che sarà ancora più lontano dall’equilibrio.
Al contrario, la reintroduzione delle rotazioni colturali, l’utilizzo di concimazioni organiche e microbiche, la lotta alle fitopatologie mediante l’utilizzo di insetti utili, barriere meccaniche naturali, estratti vegetali repellenti e induttori di resistenza, l’allelopatia, feromoni sessuali, stimolazione “dell’allarme verde” sono i migliori compromessi che l’uomo può attuare per salvaguardare il patrimonio ambientale e agricolo.
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