I microrganismi che degradano il glifosate e gli anticrittogamici presenti nel suolo

Il Glifosato è un composto fosfonato organico inizialmente brevettato come chelante degli ioni metallici ad ampio-spettro da Stauffer Chemical Society nel 1964 (USPTO, 1964), poi come erbicida dalla Monsanto Company nel 1974 (USPTO, 1974), e infine come antibiotico sempre dalla Monsanto Company nel 2000 (USPTO, 2000).

Il Glifosato, (N-(fosfonometil)glicina), è un erbicida non selettivo impiegato su colture arboree ed erbacee e su aree non destinate alle colture agrarie, quali siti industriali e civili, argini, scoline. E’ considerato non tossico per gli esseri umani (Williams et al., 2000) ma, come vedremo nel capitolo relativo ad Homo sapiens, alla luce di vari studi questa asserzione non sembra rispondere a verità (vedi ad es. Cox, 1998, rev. 2000; Cox 2004; Samsel & Seneff, 2013a, 2013b).

Con una media di oltre 1500 tonnellate all’anno (2004–2008), il glifosate è una delle sostanze più vendute a livello nazionale (ISPRA, 2011). In Germania l’Autorità per la sicurezza alimentare e la tutela dei consumatori (BVL) ha rilevato che dalla fine degli anni 90 ad oggi l’impiego di questa sostanza è praticamente raddoppiato, arrivando alla quota di 15 mila tonnellate all’anno. Attualmente negli Stati Uniti è il pesticida di più largo impiego.
È iscritto nell’Allegato I della Direttiva 91/414/CEE, che elenca le sostanze attive autorizzate a livello europeo.

Il Glifosate è tra i pesticidi più segnalati come causa di avvelenamento accidentale.
Provoca una serie di sintomi acuti tra cui eczema ricorrente, problemi respiratori, elevata pressione del sangue e reazioni allergiche.

Test cronici su conigli hanno dimostrato effetti nocivi sulla qualità dello sperma e numero di spermatozoi.

Danni al DNA sono stati osservati in studi di laboratorio in organi e tessuti.di topi.
Nei topi sia il Glifosate che l’erbicida Roundup danneggiano il DNA nelle cellule di fegato e reni e causano danni genetici anche nelle ossa delle cellule del midollo.

Negli agroecosistemi è tossico per gli organismi benefici del suolo e gli artropodi benefici e predatori. Aumenta suscettibilità delle colture alle malattie.
In silvicoltura e l’agricoltura il glifosate ha effetti dannosi indiretti sugli uccelli e piccoli mammiferi danneggiando le loro scorte di cibo e l’habitat.
In Australia è stato constato che Roundup contenente POEA è letale per i girini di raganelle e altri anfibi. Il Governo australiano ha vietato l’uso di questi prodotti in prossimità di aree umide.
Dosi sub-letali possono causare danni per deriva aerea e colpire habitat e specie di interesse fino a 20 metri di distanza dal spruzzatore. In aree coltivate provoca deperimento nelle siepi e nelle alberature. Favorisce la crescita della popolazione di una lumaca d’acqua che è l’ospite intermedio di trematodi del fegato dei mammiferi.
La ripartizione del Glifosate da parte dri microrganismi acquatici può causare effetti di eutrofizzazione.

E’ molto persistente nel suolo e nei sedimenti.
Inibisce la formazione di noduli di batteri azoto fissatori sul trifoglio per 120 giorni dopo il trattamento.
Residui di Glifosate sono stati trovati in lattuga, carote e orzo piantati un anno dopo il trattamento.
Fertilizzanti fosfatici possono inibire la ripartizione nel suolo.

Può facilmente desorbire da particelle di terreno in una vasta gamma di tipi di suolo. Può essere ampiamente mobile e percolare negli strati inferiori del terreno.
Il Glyphosate può essere trasportato da particelle di suolo sospese nelle acque.

Nel Regno Unito livelli di Glifosate al di sopra del limite UE sono stati individuati dal Welsh Water Company a partire dal 1993.
Drinking Water Inspectorate raccomanda di monitorare il Glifosate, in particolare nelle aree in cui è utilizzato dalle autorità locali. Nel 1996 loglio resistente al Glifosate è stato scoperto in Australia.Colture resistenti agli erbicidi si intensificheranno e aumenterà la dipendenza in agricoltura piuttosto che portare ad eventuali riduzioni significative.
Erbicidi dovranno essere reintrodotti per controllare le piante infestanti resistenti al Glifosate.

Nelle colture esaminate, le densità di polline sono molto più alte e i loro modelli di dispersione differiscono nei grandi campi rispetto a quelli trovati nelle parcelle sperimentali.
La dispersione di polline attraverso il vento si verifica a distanze molto maggiori e in concentrazioni maggiori quanto previsto da parcelle sperimentali. Il flusso genico da coltivazioni transgeniche è, quindi, inevitabile.

Effetti sugli organismi del suolo
Il Glifosate ha un’impatto su funzioni chiave della rizosfera, la parte del suolo che circonda le radici essenziale per la salute e l’assorbimento dei nutrienti da parte delle piante.
Gli effetti includono ridotto assorbimento di micronutrienti essenziali da parte delle piante, maggiore vulnerabilità nei confronti delle malattie e riduzione della fissazione dell’azoto, con una paradossale resa inferiore dei raccolti e variazioni della composizione batterica (Zobiole et al., 2010; Sheng et al., 2012).
Pseudomonas fluorescenti e rizobatteri Mn-riducenti sono soppressi dal glifosato, abbassando i meccanismi di difesa nella rizosfera normalmente disponibili nelle fasi iniziali di crescita delle piante per scongiurare agenti patogeni (Zobiole et al., 2010).
Questi cambiamenti possono avere impatti diretti sulla salute e le performance delle colture. Alcuni patogeni delle piante. come il “Mal del piede dei cereali” (Gaeumannomyces graminis), i funghi parassiti dei semenziali o del marciume radicale (Huber et al., 2005, 2007) e la “sindrome da morte improvvisa” nella soia, sono agevolate dalle modifiche indotte dal Glifosate nella biologia e nella chimica del suolo (Bithell et al., 2009).
Anche la biodiversità del suolo (batteri, funghi, detritivori) viene gravemente danneggiata, con ripercussioni negative sulla funzionalità dell’ecosistema, sulla qualità della copertura erbacea e sulla possibilità di utilizzare le infrastrutture lineari come potenziali ambiti di collegamento tra le diverse aree naturali attraversate.
Nelle coltivazioni di soia trattate con prodotti a base di Glifosate è stata osservata una maggiore presenza di Fusarium. La diffusione di questo fungo pone preoccupazione particolare perché riguarda non solo le piante. Produce, infatti, tossine che possono entrare nella catena alimentare e danneggiare gli esseri umani humans (Huber & Haneklaus, 2007) e il bestiame. Nei suini, mangimi contaminati da Fusarium compromettono la reproduction (Alm
et al., 2006) e aumentano i nati morti (Diaz-Llano & Smith, 2006).
Nel tentativo di combattere malattie come Fusarium, Monsanto commercializza Roundup Ready 2 Yield, cioè semi di soia con un rivestimento fungicida/insetticida (Monsanto, 2011).
Sorprendentemente, a livello mondiale e nell’Unione europea l’attuale processo autorizzativo del Glifosate e delle relative formulazioni commerciali non richiede analisi esaustive sugli impatti sul suolo.

Effetti sugli insetti
Sono stati riscontrati aumenti significativi di mutazioni nel moscerino della frutta quando le larve sono state esposte al Glifosate durante lo sviluppo (Kaya et al., 2000).
Per quanto riguarda le api ed altri insetti utili risulta esiziale l’uso diffuso e incontrollato del glifosate, soprattutto in presenza di zone di raccolta delle acque superficiali, corpi idrici lentici, fioriture spontanee e da colture agrarie, che costituiscono fonti di intenso approvvigionamento trofico. I danni fisiologici, e l’impatto biologico del glifosato sono coerenti con tutte le condizioni note relative al “Colony Collapse Disorder” (CCD, vedi tabella 1). Il glifosate può essere presente nell’ambiente durante tutto il periodo di foraggiamento determinando
un’elevata esposizione delle api. Essendo persistente e cumulativo può acumularsi nel nettare e negli altri prodotti vegetali utilizzati dalle api.

Effetti sull’uomo
L’industria afferma che è minimamente tossico per gli esseri umani, ma molti ricerche dimostrano il contrario. Il Glifosate è tossico a dosi minime, e gli esseri umani sono regolarmente esposti a piccole quantità di residui di Glifosate in alimenti di prima necessità come pane, cereali e lenticchie.
I sintomi in seguito ad esposizione a formulazioni a base di Glifosate sono: occhi gonfi, intorpidimento del viso, bruciore e/o prurito della pelle, vesciche, rapida frequenza cardiaca, elevata pressione sanguigna, dolori al petto, congestione; tosse, mal di testa e nausea (Cox, 2004).
Il batterio intestinale Lactobacillus è influenzato negativamente dal Glifosate (Shehata et al., 2013) e le sue popolazioni risultano impoverite nei malati di celiachia (Di Cagno et al., 2011). Questo organismo è in grado di fissare il selenio inorganico in forme organiche più biodisponibili come selenocisteina e seleniometionina (Pessione, 2012). L’effetto deleterio del Glifosate sui batteri benefici porterebbe a un impoverimento nella fornitura di selenometionina e selenocisteina. La Selenocisteina è presente nel centro catalitico degli enzimi che proteggono la tiroide dai danni dei radicali liberi (Triggiani et al., 2009). Danni da radicali liberi porterebbero ad apoptosi e a risposte autoimmuni (Tsatsoulis, 2002).

Le specie di Lactobacillus e Bifidobacterium hanno la capacità di biosintetizzate Acido folico così la loro distruzione da parte del Glifosate potrebbe contribuire a una carenza cronica di Acido folico (Rossi et al., 2011),.
Glifosate è noto per inibire gli enzimi del citocromo P450, che agiscono nella detossificazione di tossine ambientali, nell’attivazione della vitamina D3, nel catabolismo della vitamina A e nel mantenere la produzione di acidi biliari e fonti di solfato nell’intestino. Inibendo i processi di disintossicazione naturale il Glifosate aumenta gli effetti dannosi di altre tossine ambientali. Interrompendo l’omeostasi, favorisce i processi infiammatori e porta ad una lenta destrutturazione dei sistemi cellulari. A causa del blocco della funzione degli enzimi di detossificazione si può determinare l’accumulo di ammoniaca, un sottoprodotto creato quando alcuni microbi decompongono il Glifosate, che può portare a infiammazioni del cervello associate con autismo e morbo di Alzheimer (Samsel & Seneff, 2013a).
Tutte queste alterazioni possono contribuire alla genesi della maggior parte delle malattie e condizioni associate a una dieta occidentale, che comprendono disturbi quali la celiachia (Samsel & Seneff, 2013b, vedi figura 3), obesità (Samsel & Seneff, 2013a), diabete, ma anche ad altri disturbi dell’organismo come malattie cardiache, depressione, autismo (Shelton et al., 2012; Samsel & Seneff, 2013a, vedi figura 2), sterilità, cancro e morbo di Alzheimer (Samsel & Seneff, 2013a).

Carenze di ferro, cobalto, molibdeno, rame e altri metalli associate alla malattia celiaca possono essere attribuiti alla forte capacità di Glifosate di chelare questi elementi. Le carenze di triptofano, tirosina, metionina e seleniometionina associate alla malattia celiaca possono essere associate alla nota deplezione di questi aminoacidi da parte del Glifosate. I pazienti con malattia celiaca hanno un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin, implicato in esposizione al Glifosate (McDuffie et al. 2001; Hardell et al., 2002; De Roos et al., 2003; vedi fig. 4). Anche i problemi riproduttivi associati alla malattia celiaca, come l’infertilità, aborti spontanei, malformazioni congenite, possono essere spiegati dal Glifosate (Samsel & Seneff, 2013b; vedi fig. 3)).
Studi epidemiologici hanno mostrato interazioni fra l’esposizione al Glifosate e il linfoma non-Hodgkin (McDuffie et al., 2001; Hardell et al., 2002; De Roos et al., 2003, vedi fig. 4), mentre studi in laboratorio hanno confermato che il Glifosate e/o i prodotti che lo contengono mostrano genotossicità o mutagenicità (vedi figura 4), caratteristiche tipiche degli agenti che inducono il cancro negli animali.

Difetti alla nascita sono stati verificati nelle popolazioni dello stato argentino di Chaco, dove il
riso e la soia OGM vengono abbondantemente irrorati con Glifosate, il cui utilizzo è quasi
quadruplicato dal 2000 al 2009. Difetti analoghi sono stati rilevati in Paraguay, nelle donne
esposte ad erbicidi a base di Glifosate durante la gravidanza. Tali difetti sono compatibili con
quelli indotti in esperimenti di laboratorio a concentrazioni di Glifosate molto più basse dei
prodotti normalmente in commercio.
Studi in famiglie di agricoltori hanno dimostrato un aumento nell’incidenza di aborti tra le
famiglie esposte ripetutamente a questa sostanza (Natiional Library of Medicine. 2003;
Arbuckle et al., 2001).
L’esposizione all’erbicida Roundup riduce la produzione di ormoni sessuali nelle cellule di
Leydig fino al 94 % (Walsh, 2000).
La pratica della “maturazione” della canna da zucchero con Glifosate può spiegare il recente
aumento di insufficienza renale tra i lavoratori agricoli in America Centrale (Samsel & Seneff,
2013b). Anche per i lavoratori agricoli in Costa Rica e India con alti tassi di insufficienza
renale, è stata implicata l’applicazione del Glifosate prima del raccolto di canna da zucchero
(Cerdas, 2005). Recenti studi dell’università di Colombo hanno evidenziato come vi sia un
nesso tra il massiccio utilizzo del Roundup e la grave patologia renale che affligge diversi
agricoltori cingalesi.
Danni al DNA sono stati verificati nelle cellule umane del umano tessuto connettivo espostie
a Glifosate e idrogeno perossido (National Library of Medicine. 2003; Lueken et al., 2004).
Il Glifosate è un noto interferente endocrino, interferendo sulla regolamentazione dell’acido
retinoico e provocando microcefalia e anencefalia. Questa stessa conclusione è stata
raggiunta nel 2009 nel County Hospital di emergenza della Facoltà di Medicina Generale,
Università Ovidius, Constanta, Romania.

(14-04-30-ISPRA-ISDE- Effetti del glifosate).

In questi anni nelle mie ricerche mi sono occupato di andare a prelevare di campioni di terreno che erano precedentemente stati trattati con glifosate. L’idea era quella di selezionare dei ceppi in grado di degradare la molecola, che come ho valutato in questi anni rimane come residuo per molto tempo nel suolo, causano problemi notevoli alla salute di uomo, animali e ambiente (microfauna, suolo e acqua).

Dopo opportuni campionamenti e relative selezioni ho individuato alcuni ceppi microbici (Attinomiceti) in grado di degradare il glifosate, che successivamente in ulteriori test ho rinoculato nei terreni contaminati da questo diserbante. (perchè per me è un contaminante equiparabile ai metalli pesanti più pericolosi).

Le analisi effettuate in seguito ai terreni hanno evidenziato la possibilità di queste imagesselezioni microbiche di essere in grado di degradare i residui di glifosate presenti nel suolo e nelle acque già dopo pochi giorni (controllo 250-300 microgrammi di glifosate per metro quadro rimasto invariato dopo una settimana dall’inizio dei test, contro la riduzione da 350 microgrammi di glifosate a 122 microgrammi per metro quadro dopo una settimana nella tesi trattata).

Ciò mi porta a dire che la selezione di determinati ceppi microbici autoctoni possa essere la soluzione per il biorisanamento di aeree inquinate da metalli pesanti e diserbanti.

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